Caduta in una buca e risarcimento danni
29 Dicembre 2022 | Autore: Angelo Greco
Come chiedere il risarcimento al Comune per la caduta di un pedone sulla strada: la prova e la procedura da seguire.
Non sono poche le richieste di risarcimento danni per caduta in una buca stradale che ogni giorno pervengono ai vari Comuni italiani.
I marciapiedi e i manti stradali sono spesso interessati da insidie che determinano infortuni più o meno gravi proprio perché non messe in sicurezza anche solo con un’adeguata segnaletica.
Alcune recenti sentenze hanno decretato che, in caso di caduta, il pedone ha sempre ragione a meno che il Comune non riesca a dimostrare che l’evento si è verificato per un “caso fortuito”.
Del resto, così dispone l’articolo 2051 del Codice civile, assegnando al custode della cosa (nel nostro caso la strada) una “responsabilità oggettiva” per tutti i danni arrecati a terzi, salvo che riesca a dimostrare che l’infortunio si è verificato per un evento imprevedibile e inevitabile (è questa appunto la definizione di “caso fortuito”).
Vediamo, più nel dettaglio, cosa bisogna fare per ottenere il risarcimento danni per una caduta in una buca stradale e quali sono le prove che il pedone deve fornire.
Indice
- 1 Obbligo di manutenzione delle strade da parte del Comune
- 2 Onere della prova in caso di caduta in una buca stradale
- 3 La responsabilità presunta del Comune e la richiesta di risarcimento
- 4 Come farsi risarcire dal Comune per la caduta sulla strada
- 5 La vicenda
Obbligo di manutenzione delle strade da parte del Comune
Ogni Comune deve provvedere alla manutenzione delle strade per garantire la sicurezza dei pedoni e dei conducenti auto, moto e bici.
Anche quando l’eventuale dissesto non possa essere ripristinato in tempi brevi, è necessario informare adeguatamente gli utenti della strada attraverso appositi segnali.
Ciò nonostante è cosa nota che i soldi pubblici vengono spesso impiegati per altro.
Così non poche persone cadono in buche e avvallamenti, a volte riportando danni fisici rilevanti.
Cosa si deve fare, in questi casi, per farsi pagare i danni? La legge cerca di tirare un colpo al cerchio e uno alla botte: da un lato fissando una responsabilità oggettiva in capo al custode per tutti i danni causati a terzi (articolo 2051 cod. civ.), ma dall’altro lato imponendo un comportamento diligente a ogni cittadino che non può perciò distrarsi e non guardare dove mette i piedi o le ruote.
Del resto, il Comune non può rispondere dell’imprudenza altrui.
Dunque, l’amministrazione non è tenuta a risarcire i danni tutte le volte in cui la buca era facilmente visibile e, quindi, evitabile.
Tali sono i casi in cui, ad esempio, la voragine è particolarmente ampia e al centro della strada, quando la strada è illuminata o la caduta avviene in pieno giorno, quando l’infortunato ha un’età giovane che gli consente, con una pronta manovra, di non cadere.
Onere della prova in caso di caduta in una buca stradale
Spetta all’infortunato dimostrare la caduta nella buca e i danni riportati. Ma ciò non basta. È anche necessaria la prova che quei danni siano dipesi unicamente dalla buca e non da altri fattori eventualmente concorrenti.
Così, ad esempio, per escludere che la caduta sia stata dovuta a un laccio della scarpa fuoripista o allo spintone di un passante, l’infortunato deve dimostrare il cosiddetto rapporto di causalità, ossia che la causa delle lesioni è imputabile alla caduta sulla strada.
E ciò non può che essere attestato da uno o più testimoni.
Non basta dunque la semplice fotografia della strada con la buca o il certificato del pronto soccorso che attesti le lesioni.
Queste infatti sono prove “statiche”, che non dicono nulla in merito alla causa dell’incidente.
Certo, resta comunque necessario acquisire la prova dell’insidia stradale e dei danni fisici riportati ma, come detto, ciò è insufficiente se non c’è nessuno che riferisca di aver visto il soggetto interessato finire nella buca.
Spetta poi al Comune dimostrare che tale caduta è stata dovuta a distrazione.
E la prova può essere fornita anche in via presuntiva, con quelli che nel linguaggio volgare vengono chiamati “indizi”.
È ciò che succede, come detto in anticipo, quando la buca è particolarmente visibile ed evitabile. Non si tratta di una prova semplice, come ha sottolineato di recente la Cassazione [1]; secondo la suprema Corte, infatti, la semplice colpa del danneggiato non basta ad escludere la responsabilità del Comune il quale deve invece far di tutto per evitare la caduta (ad esempio, transennando l’area).
Dunque, in presenza di una disconnessione, il pedone ha diritto al risarcimento, salvo appunto la prova del caso fortuito da parte del Comune, che tuttavia si configura quando il comportamento del danneggiato risulta eccezionale e imprevedibile.
La responsabilità presunta del Comune e la richiesta di risarcimento
Ai fini della responsabilità e del risarcimento del danno, conta solo che il danno derivi dalla cosa in custodia ossia la strada.
Al danneggiato basta provare il rapporto di causa-effetto fra la strada e l’infortunio, al di là della pericolosità e delle caratteristiche intrinseche della prima.
Il custode deve fornire la prova contraria per superare la presunzione di responsabilità, dimostrando l’intervento di un fatto estraneo alla sua sfera di custodia, che ha un impulso causale autonomo.
Non si può certo ritenere che la caduta del pedone nella buca sia imprevedibile: è noto che l’asfalto sconnesso può far inciampare chi cammina, mentre il dislivello ben può essere rimosso o segnalato.
E dunque la condotta colposa del danneggiato non interrompe il nesso causale, insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dall’interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l’agire umano.
È escluso che la condotta colposa del danneggiato integri il caso fortuito a meno che non sia tale da degradare la condizione della cosa a mera occasione dell’evento di danno.
Secondo la Cassazione, affinché venga meno la responsabilità del Comune, questo deve dimostrare non tanto l’imperizia o la negligenza della vittima cioè la sua colpa che avrebbe reso pericolosa la strada, ma anche che si tratti di condotta imprevedibile, ciò che integra il caso fortuito.
Come farsi risarcire dal Comune per la caduta sulla strada
Una volta raccolte le prove della caduta (foto, testimone, referto del pronto soccorso, certificati medici successivi fino a completa guarigione) si può inviare la richiesta di risarcimento al Comune con raccomandata a.r. o con Pec. Il diritto al risarcimento si prescrive dopo 5 anni.
Bisognerà attendere la risposta del Comune e, se questa dovesse essere negativa, si può procedere in via giudiziale, dinanzi al giudice di pace o al tribunale a seconda del valore della controversia. L’azione va promossa tramite un avvocato.
Se il Comune non dovesse pagare neanche a seguito della condanna, si può procedere al pignoramento delle somme da questo depositate in banca (tesoreria).
E se queste dovessero essere insufficienti o bloccate, si può ricorrere al Tar per il cosiddetto giudizio di ottemperanza. Viene così nominato un commissario ad acta che procederà ad avviare le pratiche per far conseguire al danneggiato i soldi che gli spettano.
La vicenda
La vicenda riguardava la domanda di risarcimento danni avanzata contro un supercondominio e il suo gestore per la caduta in una buca adiacente allo scalino del marciapiede. La Cassazione – con la sentenza n. 37059/2022 – ha respinto il ragionamento con cui il giudice di secondo grado aveva cancellato il ristoro dei danni deciso in primo grado nella misura di 41mila euro.
La sentenza annullata con rinvio aveva accolto l’argomento difensivo secondo cui il pedone conosceva l’esistenza della buca e le condizioni di luce e di posizionamento della stessa non costituivano in sé un pericolo, ma è la condotta colpevole e scevra di prudenza della vittima che avrebbero determinato il danno interrompendo così il nesso causale di esso con la cosa (la buca).
Per la Cassazione non basta dimostrare la colpa, ma anche l’imprevedibilità e l’inevitabilità del fatto dovuto alla condotta della vittima.
Così come i giudici di appello, sempre secondo la Cassazione, non potevano escludere il nesso causale tra il danno e la cosa affermando che quest’ultima non conteneva in sé alcun elemento di pericolo inevitabile con l’ordinaria diligenza e prudenza.
Ma ciò non basta a evitare che il custode risponda dei danni: va provato il caso fortuito.
[1] Cass. ord. n. n. 37059/2022 e n. 36901/22. Ove sia dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un pedone in corrispondenza di una sconnessione o buca stradale, l’accertamento della responsabilità deve essere condotto ai sensi dell’art. 2051 Cc e non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento, ai sensi dell’articolo 1227, primo o secondo comma Cc), richiedendosi, per l’integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, così da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell’evento di danno.